IL DONO DELL'AVVENTO
Attesa e attenzione: due parole tipiche dell'avvento.
Attesa è tensione verso il presente.
Attesa è rendere profondo ogni momento.
Attesa: di Dio, di «Colui-che-viene», eternamente incamminato verso ogni uomo. Attesa come di madre: la donna sa nel suo corpo, da dentro, che cosa significa attendere; è il tempo più sacro, più creatore, più felice.
Attendere, infinito del verbo amare. Tutte le creature attendono, anche il grano attende, e le pietre e la notte, tutta la creazione attende un Dio che viene, che ha sempre da nascere.
Attenzione: «State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano» (v. 34). Vivere con attenzione il presente, perché «la più grave epidemia moderna è la superficialità» (Raimon Panikkar).
Attenti a che cosa?
Al cuore, prima di tutto, perché è la casa della vita, dice la Bibbia, è «la porta di Dio»; attenti che il cuore non diventi pesante, ma torni leggero! Lo fanno pesante la paura, sentire il tempo come nemico, guardare solo verso il basso, il peso e la nebbia dei mille desideri fuggitivi, vivere una vita senza mistero.
E poi attenti agli altri, alle loro domande mute e alla loro ricchezza: e vedremo in loro lo scintillio di un tesoro; e attenti alle piccole cose, alla qualità dei giorni e dei rapporti.
Il credente abita la vita così: cittadino e straniero, custode dei giorni e pellegrino dell’assoluto, guardando negli occhi le creature e fissando gli abissi del cielo; levando il capo verso l’alto e guardando in basso verso i fratelli; attento verso un mondo colmo di voci e di annunci, verso un cielo interiore popolato di paure, ma anche di attese.
Il dono dell’Avvento è un cuore attento e leggero.
Come quello dei seminatori: «Andando vanno e piangono, portando il seme; ma torneranno con passo di danza, portando a spalle i loro covoni» (cfr. Sal 126,6).