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I PASTORI NEI CAMPI - L'ARTE DI SAPER ASCOLTARE E DI STUPIRSI

di Anselm Grün



Mentre Maria fascia il bambino e lo depone nella mangiatoia, i pastori se ne stanno sotto il cielo nei campi e fanno la guardia al loro gregge (Lc 2,8). I pastori diventano i primi messaggeri dell’incarnazione di Dio. Perché proprio i pastori? I farisei li ritenevano peccatori e li disprezzavano. Invece i greci pensavano che fossero particolarmente capaci di percepire il bambino divino. I pastori, che custodiscono il loro gregge, che si prendono cura degli animali, posseggono evidentemente anche un sesto senso per lo spazio di cui il bambino divino ha bisogno. Essi lo nutrono e vigilano al suo fianco, così come fanno di notte con il loro gregge. Durante la notte, quando gli altri dormono, essi stanno svegli. Orecchiano nella notte per sentire se arriva con passo furtivo un ladro a rubarne loro qualcuna. I pastori sono uomini che ascoltano e che tendono l’orecchio ai fruscii della notte. L’orecchio non dorme mai, ma è attivo e ode anche di notte. Ascoltando accogliamo quanto si offre al nostro orecchio. Coloro che ascoltano sono perciò chiaramente più disposti anche ad accogliere il bambino, che vuole nascere in essi.

Leggiamo nel vangelo che i pastori montavano la guardia. Nella notte, quando non si vede più, essi si fidano delle loro orecchie. Orecchiano nella notte e sono così un’immagine degli uomini che ascoltano. L’uomo capace di ascoltare è aperto al nuovo che gli viene detto. Si apre all’inatteso. Porge con attenzione l’orecchio a quanto gli viene comunicato. C’è bisogno di questo ascolto attento e obbediente per percepire il messaggio inaudito dell’incarnazione di Dio, per cogliere l’inaudibile nelle parole dette dall’angelo ai pastori. L’ascolto è per i greci il senso più affettivo. I sentimenti passano attraverso l’ascolto. Così cresce nei pastori la gioia ad essi annunciata dall’angelo. Essi devono ascoltare prima di poter guardare il mistero dell’incarnazione anche con i loro occhi.


Pubblicato il 12 Dicembre 2011